venerdì 25 febbraio 2011

Gli edifici simbolo del dialogo tra Dio e l'uomo. "Cattedrali cuore d'Europa" (Timothy Verdon)


Gli edifici simbolo del dialogo tra Dio e l'uomo

Cattedrali cuore d'Europa


di Timothy Verdon

Al cuore di ogni città europea di qualche importanza, vi è una cattedrale, segno della presenza - in un arco di secoli più o meno lungo - di una comunità cristiana operosa. Tipicamente grande, questa struttura s'impone sulla coscienza del cittadino come del turista, costituendosi un tratto significativo della fisionomia del luogo. Depositaria d'innumerevoli cimeli del passato, invita a cogliere l'identità storica degli abitanti del posto, e a collegarla allo slancio creativo ingenerato dalla fede; la bellezza dell'edificio e dell'arte che l'arricchisce infatti fornisce una chiave di lettura della vita interiore di coloro che l'hanno voluta, costruita e mantenuta, cifra sicura dei valori collettivi che da due millenni plasmano l'esperienza spirituale d'Europa.

Il primo di questi valori è religioso: quello di un rapporto privilegiato con Dio. Le cattedrali sono emblematiche di questo rapporto: sono chiese ossia case di preghiera per un popolo che si crede convocato da Dio.

Sono chiese speciali, poi, normalmente più grandi e belle di altre perché - come il biblico tempio di Gerusalemme - accolgono la vita non dei soli abitanti del posto ma di tutti coloro che Dio chiama; ogni cattedrale infatti simboleggia l'universalità della vocazione cristiana e merita il nome che la Bibbia attribuisce all'antico tempio ebraico: "Una casa di preghiera per tutti i popoli" (Isaia, 56, 7). Proprio questa frase verrà citata da Gesù quando, prima della sua passione, Egli libera il tempio di Gerusalemme da venditori e cambiavalute, dicendo: "Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti? Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!" (Marco, 2, 17; cfr. Matteo, 21, 12-13; Luca, 19, 46).

Ogni cattedrale simboleggia cioè l'universalità di un rapporto con Dio purificato da Cristo, e si offre come quel "luogo" di cui egli parlava alla Samaritana, dove "i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori" (Giovanni, 4, 23). Le cattedrali sono case di preghiera per coloro che, rispondendo a Dio, si lasciano trasformare in veri adoratori; sono segni permanenti di un rapporto dinamico, che trasforma l'uomo nei suoi rapporti con altri uomini, anzi con "tutti i popoli".

All'interno di questi edifici vi è poi un altro segno, che spiega pienamente il senso del termine "cattedrale": la cattedra o sedia del vescovo, spesso realizzata in materiali nobili e forme monumentali. Ciò che distingue una cattedrale da altre chiese è infatti la presenza di questa sedia del ministro ecclesiastico considerato un successore degli apostoli inviati da Cristo a tutte le nazioni, l'episcopus o vescovo.


L'universalità della cattedrale dipende, in effetti, dall'universalità della missione affidata da Cristo ai suoi apostoli dopo la risurrezione, quando disse loro: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Matteo, 28, 19-20). In pratica, la cattedra posta in prossimità all'altare esplicita le funzioni assegnate in quell'occasione da Cristo, di ammaestrare e santificare tutte le nazioni. Il magistero dei vescovi al servizio della santificazione di successive generazioni, nei luoghi dove sorgono cattedre e cattedrali, è poi un elemento costitutivo della promessa trasformazione dei credenti in veri adoratori del Padre.

Insieme all'insegnamento e alla santificazione dei popoli loro affidati, i vescovi hanno una terza funzione, pure questa comunicata dalla cattedra e dall'associata struttura architettonica: quella di governare in persona Christi.

Il comando di ammaestrare e battezzare tutte le nazioni, nell'appena citato brano del Vangelo, viene infatti introdotto e completato da frasi che riguardano l'eccelsa autorità del Salvatore perdurante nei suoi inviati. "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra", dice; e poi: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Matteo, 28, 18 e 20b).

La frequente presentazione della cattedra come trono e della cattedrale come aula regia (basilica) derivano da quest'ultima funzione, in cui sono effettivamente compendiate le altre due, perché l'obbedienza dei fedeli ai loro vescovi già implica l'acquisizione di una sapienza che santifica, secondo un principio enunciato da Cristo. Parlando agli apostoli, egli disse: "Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie Colui che mi ha mandato" (Matteo, 10, 40).

Dagli inizi del cristianesimo, questo principio di obbedienza è stato riconosciuto come fondamentale alla comunione ecclesiale. Uno scrittore del II secolo, sant'Ignazio d'Antiochia, afferma che "Gesù Cristo, nostra vita inseparabile, opera secondo la volontà del Padre, come i vescovi, costituiti in tutti i luoghi sino ai confini della terra, agiscono secondo la volontà di Gesù Cristo". A questa frase il santo fa seguire poi l'appassionato invito "di operare in perfetta armonia con il volere del vostro vescovo", notando che il clero della comunità destinataria del suo testo era già "così armonicamente unito al vescovo, come le corde di una cetra; in tal modo, nell'accordo dei vostri sentimenti e nella perfetta armonia del vostro amore fraterno, s'innalzerà un concerto di lodi a Gesù Cristo" (Efesini, 2, 2; cfr. Franz Xaver Funk, Karl Bihlmeyer, Die apostolischen Väter, seconda edizione, Tübingen 1956, 1, pp. 175-177).

Nella logica di questo sistema spirituale, è facile comprendere i segni materiali che c'interessano. La cattedra in prossimità all'altare simboleggia l'armonica unità dei fedeli con il loro vescovo, del vescovo con Cristo e di Cristo con il Padre; e l'edificio che ospita la cattedra e l'altare a sua volta magnifica il simbolo.


Come afferma un moderno padre della Chiesa, Paolo VI: "La cattedrale è di Cristo, a Cristo ogni cattedrale appartiene. Per Lui si è innalzata una cattedra, sulla quale il suo apostolo, in sua vece, parlerà; per Lui un trono, sul quale chi tiene il suo posto siederà; per Lui un altare, dal quale chi lo rivive farà salire al Padre il suo stesso sacrificio; per Lui è qui riunita la Ecclesia, il popolo col suo vescovo, ed a Lui innalza il suo inno di gloria e la sua gemente preghiera; è da Lui che questo tempio acquista la sua misteriosa maestà" (discorso pronunciato nel rinnovato duomo di Crema nel 1959).

Ogni cattedra in ogni cattedrale va quindi visualizzata nei termini già suggeriti in un mosaico romano degli inizi del V secolo, dove a sedere sul trono in mezzo all'assemblea è Cristo stesso, glorioso sopra l'altare eucaristico. L'ubicazione di questo mosaico in una basilica romana, poi Santa Pudenziana, e la presentazione di Cristo come un imperator tra apostoli trasformati in patrizi togati, suggeriscono un altro aspetto del nostro tema: la compenetrazione della vita ecclesiastica cristiana dai simboli dell'antico impero romano. Già il linguaggio usato da Ignazio d'Antiochia per descrivere l'organizzazione della Chiesa nel II secolo (il periodo di massima espansione dell'impero romano), s'ispirava alla retorica dello stato avvezza di metafore musicali, e con l'accettazione ufficiale del cristianesimo al tempo di Costantino e l'assunzione da parte dei prelati cristiani di insegne derivanti dalla gerarchia civile quali i ceri e l'incenso, la metafora si traduceva in realtà.

Con la successiva definizione delle circoscrizioni ecclesiastiche secondo la ripartizione territoriale dell'impero in "diocesi" il sogno romano di unità politica e culturale venne assimilato alla visione cristiana di comunione ecclesiale che Ignazio d'Antiochia vide radicata nel rapporto tra Cristo e Dio Padre.

Consegue che, dalla fine dell'antichità e per tutto il medioevo, la sedia vescovile in una chiesa cattedrale evocava - oltre alla comunione della Chiesa locale col suo capo - l'aspirazione di ricostituire l'onnicomprensiva armonia dell'antico impero unito intorno al trono.

Questo grazie anche al ruolo legittimante del Pontefice romano, il Papa, la cui autorità sull'antica capitale sostituiva quella dei Cesari; la comunione col vescovo di Roma dei vescovi dell'Europa post-antica in qualche modo perpetuava, infatti, la struttura dell'antico stato, e l'identità ecclesiale cristiana, di nazione santa, s'innestava sull'identità civica tramandata dal tardo impero, il concetto giudeo-cristiano "popolo di Dio" sovrapponendosi a quello romano di plebs, un popolo autonomo con diritti e doveri, capace di difendersi e pronto al sacrificio.

Questa sovrapposizione concettuale contribuisce al prestigio delle cattedrali, che erano normalmente le uniche strutture cittadine con residue valenze universali, segni della trasformazione dell'antico sogno imperiale in dinamico progetto ecclesiastico.

(©L'Osservatore Romano - 26 febbraio 2011)