martedì 8 febbraio 2011

Iniziato il restauro della Sainte-Chapelle a Parigi. "Tornerà a splendere la Sistina di vetro" (Silvia Guidi)


Iniziato il restauro della Sainte-Chapelle a Parigi

Tornerà a splendere
la Sistina di vetro

di Silvia Guidi

L'aggettivo più frequente, nei siti internet che parlano della Sainte-Chapelle, a Parigi, è breathtaking, mozzafiato; "Al boulevard du Palais numero 4 c'è qualcosa che non si può descrivere - racconta un anonimo navigatore della Rete che consiglia di visitare il "sogno realizzato di Luigi IX" prima ancora di prenotare il biglietto per il Louvre - scegliete una giornata di sole a Parigi, entrate alla Sainte-Chapelle dalla cappella inferiore, prendete la scaletta e salite nella che rimarrete senza fiato: uno spettacolo di colori unico, come uno scrigno di pietra e luce. Non ho postato nessuna foto perché non renderebbe neanche un decimo della bellezza di questo posto".

Alla "Sistina dei maestri vetrai" la rivista "Paris Match" dedica un dossier ricco di foto e approfondimenti per raccontare la lunga e difficile opera di restauro iniziata nel 2010 e tutt'ora in corso.

"Dopo l'operaio che ha montato per la prima volta le vetrate, nel 1248, nessun altro le ha mai viste così belle - scrive Anne-Cécile Beaudoin raccontando il lavoro di ripulitura - è servito un anno di lavoro e l'impegno di 25 esperti per far ritrovare il loro colore originale a queste pietre preziose. Perché di un gioiello si tratta; ai tempi di san Luigi la Sainte-Chapelle, grazie alle reliquie che conteneva, avrebbe dovuto rendere Parigi la seconda capitale del mondo cristiano. Luigi IX partì per le crociate due mesi dopo aver assistito alla sua consacrazione, sicuro che Dio, che desiderava servire con tutte le sue forze, avrebbe protetto la sua opera. Sette secoli di storia gli hanno dato ragione.

Sull'Île de la Cité il Palazzo di Giustizia ha preso il posto da tempo del Palazzo Reale, ma le vetrate hanno resistito a guerre e rivoluzioni, persino al nemico più apparentemente innocuo ma insidioso, il cambiamento del gusto e della moda. Quest'opera è nata da una fede capace di spostare le montagne, ora le tecniche più moderne l'accompagnano nel cammino dell'eternità".

La bellezza di questa Gerusalemme Celeste di vetro non si spiega al di fuori del contesto della mistica della luce del XIII secolo, spiega Anne-Cécile Beaudoin: "Per gli uomini del medioevo questi 750 metri quadrati di rosso e blu non erano solo una decorazione piacevole, ma il simbolo stesso della fede". "Ciò che non è altro che pigmento sulla terra è glorificato dal Cielo attraverso la trasparenza - la Beaudoin cita Paul Claudel per far capire meglio al lettore cosa intende dire - questo manto di vetro colorato intorno a noi è materia sensibile al raggio dell'Intelligenza.


Ecco il paradiso ritrovato". Nessuna foto, concordano i visitatori che condividono le loro impressioni sulla Rete, può rendere l'effetto dell'architettura illusionistica della cappella: la volta sembra galleggiare al di sopra delle vetrate, la massa imponente dei contrafforti sparisce nell'artificio di un fascio di nove colonnine distribuite in modo che il volume di ciascun pilastro sia appena avvertito.
Addossate alle colonne che delimitano le campate, le statue dei dodici apostoli costituiscono la decorazione a rilievo più importante della cappella alta, che narra la storia sacra in 15 episodi, dai libri dei profeti alla Passione di Gesù.

Nei secoli, però, questo gioiello dell'arte e della fede ha subito mutilazioni di ogni tipo: durante la Rivoluzione, in quanto simbolo del regno e della religione, viene spogliato dei suoi arredi e gravemente danneggiato: la guglia viene abbattuta, i timpani martellati e le reliquie disperse. Gli organi vengono trasportati a Saint-Germain l'Auxerrois, mentre fortunatamente la maggior parte delle statue viene salvate dall'intervento di Alexandre Lenoir. Dopo la sconsacrazione, nel 1803, la Sainte-Chapelle diventa un deposito di grano, poi un deposito di materiale archivistico: le vetrate vengono rimosse sino a un'altezza di due metri e sostituite con un impasto di gesso e gomma arabica perché la luce non danneggi i documenti. Nel 1845 inizia la prima campagna di restauro guidata da Eugène Viollet-le-Duc con metodi alquanto discutibili, secondo i moderni parametri scarsamente "interventisti" del restauro odierno.

L'intervento attuale ha fatto precedere ogni operazione di reintegro e ripulitura da un esame ai raggi infrarossi, "tessera per tessera", racconta Anne-Cécile Beaudoin descrivendo le tremila ore passate dai restauratori al capezzale di questo malato eccellente: "I danni peggiori li hanno subiti le grisaille, il disegno che tratteggia i lineamenti del viso e i particolari più fini dei personaggi: i re biblici non avevano più le pupille, la prima cosa da fare era ridare loro la vista".


La storia della Sainte-Chapelle è appassionante come un romanzo; non solo la genesi dell'"involucro esterno", ma anche l'avventuroso reperimento di quello che lo scrigno di pietra e luce doveva contenere, la reliquia della corona di spine di Gesù: custodita a Bisanzio, a quell'epoca capitale di un regno latino circondato dai nemici greci e islamici, la corona venne offerta dal giovane sovrano Baldovino II (cugino di Luigi) in cambio di aiuti materiali; nel frattempo, però, i dignitari di Bisanzio l'avevano concessa in pegno ai mercanti veneziani a fronte di un ingente prestito. Per riscattarla, Luigi aveva impegnato somme davvero notevoli e organizzò un trasferimento in Francia attraverso l'Adriatico e Venezia, dove la corona avrebbe sostato per qualche tempo, tra fastose celebrazioni popolari, finché, lasciata andare a malincuore dai veneziani, giunse nella capitale francese nell'agosto del 1239.

"In tanti - scrive Anne-Cécile Beaudoin - la chiamano per errore cattedrale, anche se è sconsacrata da secoli. Sembra ancora un'immensa lanterna, carica di storia ma proveniente dal futuro, pronta a far luce a chiunque la visiti, una metafora della Chiesa (cos'è la Chiesa se non una realtà fatta di luce e di persone?) nata dal gesto di un re che si inginocchia nel cortile del suo palazzo, e decide di trasformarlo in santuario".

(©L'Osservatore Romano - 9 febbraio 2011)