venerdì 24 giugno 2011

L’innografia del Damasceno per la nascita di san Giovanni Battista (Manuel Nin)

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L’innografia del Damasceno per la nascita di san Giovanni Battista

Oggi è apparsa la lampada del precursore


di Manuel Nin

La figura del profeta e precursore (pròdromos) Giovanni Battista è una di quelle più celebrate nella tradizione liturgica delle Chiese di oriente. Come di Cristo e della Madre di Dio, se ne celebra la concezione (23 settembre), la nascita (24 giugno) e la morte (il martirio, la decollazione, 29 agosto). Inoltre il Battista viene celebrato anche il 7 gennaio, subito dopo la festa del Battesimo di Cristo, secondo la prassi delle liturgie orientali che il giorno successivo a una grande festa celebra il personaggio per mezzo del quale Dio compie il suo mistero di salvezza.

L’ufficiatura della festa raccoglie tropari dei grandi innografi bizantini: Andrea di Creta (+740), Giovanni Damasceno (+750) e la monaca Cassianì (IX secolo), unica donna in questa tradizione, autrice di bellissimi testi per il Mercoledì santo e il Sabato santo. Il vespro canta il Battista come colui che «oggi è apparso, il grande precursore, il profeta più grande di tutti i profeti: poiché alla lampada del precursore succede la luce sfolgorante, alla voce il Verbo. Questi è il germoglio di Zaccaria, l’ottimo figlio del deserto, l’araldo della conversione, la purificazione dei delitti, colui che annuncia nell’ade la risurrezione dai morti e intercede per le anime nostre».

Il canone del mattutino, composizione poetica in nove odi, è di Giovanni Damasceno, e in esso si snoda la contemplazione della figura del precursore. Il mistero della concezione e della nascita di Cristo viene quasi contrapposto a quello del Battista: la concezione verginale di Gesù e quella di Giovanni da due anziani e la sterilità di Elisabetta che dà il suo frutto nella nascita e nel ministero di predicatore del Battista.

In diverse strofe il Damasceno sottolinea con immagini contrastanti Zaccaria che diventa muto e Giovanni che diventa voce e annunziatore: «Zaccaria, udite le parole di Gabriele, si mostrò incredulo di fronte al messaggio divino, e fu condannato al silenzio: ma da esso viene subitamente sciolto, perché è nata la voce, Giovanni, il precursore del Verbo. Come sole raggiante è sorto per noi dal grembo di Elisabetta il figlio di Zaccaria: egli scioglie la lingua muta del padre e grida a tutti i popoli con grande franchezza: Raddrizzate le vie del Signore».

Elisabetta viene contemplata sotto diversi aspetti. La sua sterilità è sempre collegata con la verginità di Maria, viste come due fatti prodigiosi l’uno precursore dell’altro, come Giovanni lo sarà di Cristo: «Sono nato per servire come schiavo al Sovrano: per questo vengo per annunciare il suo avvento, tanto che una donna vecchia e sterile, che ha prodigiosamente generato, rende credibile il parto della Vergine». La sterilità di Elisabetta, inoltre, viene presentata nel testo come luogo di guarigione e di grazia: «La tua gloriosa nascita dalla sterile ha risanato tutta la natura malata, insegnando, o precursore, a cantare: Benedetto tu sei, Signore, Dio dei padri nostri. Da una sterile sei nato, o precursore: sì, nella sterilità della legge, davvero è giunta la grazia».

Alcuni tropari del vespro e il canone danno al Battista il titolo di «ottimo figlio del deserto» o fanno riferimento al «luogo deserto» dove Giovanni ha vissuto, precursore sia di colui che vi soggiornerà per quaranta giorni sia di quanti lo sceglieranno come luogo e modo di vita: «Da grembo deserto, il precursore di Cristo viene come tortora, condotta dunque alla Chiesa quasi da bosco piantato da Dio, e canta: Opere tutte, benedite e celebrate il Signore. Popolo teoforo, nazione santa, imita la tortora di Cristo, e canta con voce soave, vivendo in castità: Opere tutte, benedite e celebrate il Signore».

(©L'Osservatore Romano 24-25 giugno 2011)