martedì 13 settembre 2011

A colloquio con l’arcivescovo di Bangalore in visita «ad limina» "Maggiore tutela della minoranza cristiana" (Nicola Gori)




A colloquio con l’arcivescovo di Bangalore in visita «ad limina»

Maggiore tutela della minoranza cristiana


di Nicola Gori

Maggiore tutela della minoranza cristiana, sviluppo di una reciproca conoscenza con le altre religioni, sostegno agli emarginati per assicurare loro un’adeguata istruzione che favorisca l’emancipazione. Sono le indicazioni di monsignor Bernard Blasius Moras, arcivescovo di Bangalore, per superare alcuni conflitti che purtroppo caratterizzano la vita sociale e politica della regione. Ce ne parla in questa intervista al nostro giornale, in occasione della visita ad limina Apostolorum.

Diverse polemiche hanno accompagnato la pubblicazione del rapporto sui massacri anti-cristiani in Karnataka, che assolve di fatto le autorità civili che erano state accusate di connivenza con gli assalitori. Ci vuole spiegare i motivi delle contestazioni?

Il rapporto vuole addirittura negare che ci siano stati degli attacchi. Mentre ci sono decine di testimoni che lo confermano. Come si può, del resto, pensare di nascondere la verità su 223 atti di violenza contro i cristiani in tutti i 29 distretti del Karnataka? Altra falsità è l’accusa secondo la quale sarebbero stati architettati dagli stessi cristiani o provocati dalle conversioni al cattolicesimo e da giudizi spregiativi espressi contro la religione indù. E non è vero nemmeno che la causa scatenante sia stata la disputa per la proprietà di alcuni appezzamenti di terra e sia stata alimentata da rancori personali. Nel rapporto, poi non c’è alcuna indicazione sul come il Governo intenda contrastare i gruppi organizzati, responsabili degli attacchi contro i cristiani, non si cerca di individuare i colpevoli e ci sono molti elementi contrastanti. La comunità cristiana per questo rifiuta il rapporto ufficiale e chiede che sia ritirato e sostituito da una nuova inchiesta, questa volta imparziale.

L’emergenza per i cristiani continua dunque?

La situazione è di emergenza. Anche se i governi, sia quello federale sia quello statale, non lo possono ammettere per ragioni politiche. Sarebbe sufficiente che i governi difendessero, rispettassero e onorassero i diritti costituzionali dei cristiani, sanciti nel paragrafo 25 della Costituzione dell’India. A maggiore ragione, credo che i governi dovrebbero proteggere la minoranza cristiana dai gruppi religiosi fondamentalisti.

Ma non sarebbe opportuno insistere sul dialogo tra le religioni?

Lo stiamo già facendo. Abbiamo promosso l’istituzione di una commissione separata per il dialogo interreligioso. Già in tante circoscrizioni ecclesiastiche è stata realizzata. Abbiamo anche in programma di organizzare dei seminari e delle giornate di studio sul tema del dialogo. Penso sia utile, inoltre, promuovere dei ritiri spirituali e delle visite regolari a chiese, moschee e templi indù per favorire la reciproca conoscenza. A tal fine è importante che si facciano incontri regolari tra i responsabili delle varie religioni per favorire armonia e solidarietà. È fondamentale poi incoraggiare il nostro popolo a coinvolgere i non cristiani a partecipare alla feste e alle ricorrenze liturgiche del calendario cattolico, perché sono occasioni nelle quali si può costruire il dialogo a livello quotidiano.

Questo dialogo può essere favorito anche dall’opera della Chiesa nell’istruzione?

Certamente. Anzi per assicurare l’istruzione alla grande massa del popolo credo sia necessario mettere immediatamente in pratica la dichiarazione finale dell’Assemblea generale della Conferenza episcopale dell’India stilata nel 2007 a Bangalore. Questo documento dava alcune linee guida per tutte le diocesi. In particolare, attribuiva la priorità ai bambini cattolici nelle ammissioni scolastiche, ma poi si apriva a tutti. Invitava ad aiutare i nostri giovani per prepararli a superare almeno l’esame di ammissione all’università. Veniva istituito anche un fondo per gli studenti poveri di ogni diocesi. A ogni parrocchia si richiedeva di raccogliere soldi per l’istruzione dei bambini indigenti. Veniva promossa, inoltre, la costruzione di convitti nelle città per i ragazzi delle zone rurali, affinché potessero trovare un alloggio gratuito per seguire i corsi di istruzione superiore. Nel documento veniva ribadito anche l’impegno per la formazione dei giovani dal punto di vista vocazionale e lavorativo, preparandoli con corsi professionali. Si dava vita a dei programmi quali «Impara mentre guadagni», un’iniziativa educativa a distanza. Un servizio rivolto a tutti, senza alcuna distinzione. Almeno da parte nostra.

© L'Osservatore Romano 7 settembre 2011