sabato 3 settembre 2011

Un’indagine promossa dalla sezione donne del Pontificio Consiglio per i Laici "Maschio e femmina li creò"




Un’indagine promossa dalla sezione donne del Pontificio Consiglio per i Laici

Maschio e femmina li creò

«Salvaguardare l’humanum, creato maschio e femmina» e il titolo di un’interessante ricerca, promossa dalla sezione donna del Pontificio Consiglio per i Laici, i cui risultati saranno a breve raccolti in una pubblicazione. «Abbiamo proposto alle collaboratrici del nostro dicastero — spiega Ana Cristina Villa Betancourt, responsabile della sezione — di rileggere la Lettera alle Donne che Giovanni Paolo II scrisse il 29 giugno del 1995, in occasione della IV conferenza delle Nazioni Unite sulla donna a Pechino, e di commentarla alla luce delle sfide di oggi. In più abbiamo chiesto loro di stilare una sorta di bilancio delle conseguenze culturali e sociali che ha avuto la conferenza nel contesto degli sforzi intrapresi dalla comunità internazionale per la promozione della parità tra le donne e gli uomini. Le abbiamo inoltre invitate a pronunciarsi sui contenuti della Lettera che andrebbero meglio recepiti, quali il fondamento della dignità dell’uomo e della donna, il riconoscimento del genio femminile e altri temi d’interesse».

Sono state interpellate venti donne cattoliche, appartenenti a otto diverse nazionalità, impegnate in ambiti universitari e in associazioni di categoria, in istituzioni politiche e in movimenti ecclesiali, di età ricomprese tra i trentacinque e i sessantacinque anni. Dalla loro analisi è uscita una fotografia dai contorni piuttosto nitidi del pensiero del laicato cattolico femminile sulla vocazione e sulla missione della donna nella Chiesa e nella società. Anche se, evidentemente, intento di questa ricerca resta quello di offrire un utile strumento per approfondire la discussione su una tematica che da sempre affascina, cioè il rapporto tra uomo e donna nella creazione. «Siamo consapevoli — si legge infatti nella premessa della ricerca — di aver consultato un numero limitato di donne riguardo a un tema che interessa tutti coloro che, anche oltre i confini confessionali, si interrogano seriamente sul ruolo della donna nella società odierna». Proprio per questo il testo viene presentato come «un sussidio aperto a ulteriori contributi».

Un modo come un altro, in definitiva, per proseguire quell’«ideale dialogo» con ogni donna che Papa Wojtyła aveva voluto intessere proprio con quella sua lettera. Il Papa concludeva tra l’altro con un implicito appello alle nazioni: «Voi vedete, dunque, quanti motivi ha la Chiesa per desiderare che, nella prossima Conferenza, promossa a Pechino dalle Nazioni Unite, si metta in luce la piena verità sulla donna».

Da questo punto di vista l’incontro di Pechino si rivelò una vera e propria delusione per le donne cattoliche. Se ne fece portavoce Mary Ann Glendon che allora guidava la delegazione vaticana alla conferenza. Non era stata tenera con gli indirizzi dell’Onu: «La conferenza — disse in uno dei suoi interventi — vuole contrastare le violenze patite dalle donne? Giusto. E allora prendiamone nota. Tra le violenze ci sono i programmi obbligatori di controllo delle nascite, le sterilizzazioni forzate, le pressioni ad abortire, la preselezione dei sessi e la conseguente distruzione dei feti femminili».


Sostanzialmente dunque il lascito di questa conferenza internazionale, l’ultima del genere dedicata alla donna, pone innumerevoli sfide. Il nostro tempo infatti vede accrescersi proprio la confusione antropologica e richiede urgentemente orientamenti e chiarimenti in vista degli sviluppi futuri. La Chiesa, esperta in umanità, sa che deve offrire al mondo la diaconia della verità sull’uomo, maschio e femmina. Su questa linea si muovono i giudizi delle donne consultate dal Pontificio Consiglio per i Laici con il questionario. Convergono sulla necessità di sviluppare la ricchezza dell’antropologia cristiana proponendola agli uomini e alle donne del nostro tempo come antidoto alla confusione imperante. Le critiche più acute si concentrano sulla visione della natura umana come impedimento alla libertà individuale e sull’idea aberrante che l’identità di ciascuno andrebbe costruita sulla base dei capricci e degli impulsi del momento. Sostengono che è necessario immaginare e promuovere percorsi formativi sull’antropologia cristiana per adulti, giovani e bambini; una formazione che alimenti e fondi l’esperienza del senso comune di fronte alla spinta dei programmi che si vanno imponendo nella cultura dominante e che stanno cambiando rapidamente i modi di pensare.

Ai nostri giorni la Chiesa e chiamata sempre più a custodire la verità sulla persona umana e a riproporla instancabilmente in ogni modo. In questo quadro si inserisce il lavoro del dicastero per i laici, sospinto dalla volontà di promuovere una «corretta visione» dell’uomo e di favorire un impegno formativo «per la salvaguardia dell’humanum, creato maschio e femmina». (mario ponzi)

© L'Osservatore Romano 3 settembre 2011