domenica 1 gennaio 2012

Santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno (m) 2 gennaio



2 GENNAIO
vescovi e dottori della Chiesa
(329-379; 330-390)
Memoria

Nato in una famiglia di santi, Basilio ebbe grandissime doti: intelligenza, bontà, senso organizzativo, capacità realizzatrice, energia, moderazione e straordinario equilibrio; fu uno degli uomini più completi della Chiesa, detto «il grande» e «un romano fra i greci». Monaco a 28 anni, riformò il monachesimo perché non si estraniasse dal mondo ma vi esercitasse un vitale influsso cristiano; san Benedetto si richiama alla sua paternità. Coltissimo caldeggiò la cultura anche profana dei giovani, che prediligeva, e per i quali fu educatore saggio, forte, mite. Autentica «guida spirituale», non voleva nessun eccesso, ma concretezza di opere di carità. A 40 anni vescovo della sua città natale, Cesarea di Cappadocia (Kàyseri, in Turchia), organizzò la Chiesa in autonomia dal potere civile e la difese contro le invadenze imperiali. Vigoroso predicatore sferzò l’avidità dei ricchi e le manchevolezze dei cristiani dimentichi dei loro doveri. Riformò il culto liturgico e consigliò la comunione quotidiana. Fonda una vera «città» per i poveri, con ospedali, scuole, opifici, manifatture; e fonda in tutte le chiese dipendenti da lui degli ospizi per ogni necessità. Le sue omelie e i trattati di teologia ne fanno uno dei quattro grandi dottori della Chiesa orientale. Morì a 49 anni, bruciato dal suo zelo.

Gregorio nacque anch’egli in una famiglia di santi e fu il grande amico di Basilio. Intelligenza acuta, fervida immaginazione; aveva una irresistibile tendenza alla solitudine e alla contemplazione, ma la bontà, lo zelo e l’eloquenza prodigiosa lo chiamavano fra gli uomini. Prima monaco, fu poi vescovo della sua Nazianzo (Nenizi, in Turchia) poi di Sasima e infine di Costantinopoli. Spirito impressionabile e delicato, di fronte a forti opposizioni si ritrasse in solitudine. Con Basilio fu il grande difensore della fede apostolica, specialmente della divinità di Cristo e dello Spirito Santo. Umanista, oratore, poeta, è soprattutto il «teologo» che ha lasciato opere tra le più profonde della Chiesa orientale, di cui è uno dei quattro maggiori dottori. Presiedette il concilio di Costantinopoli del 381
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Una sola anima in due corpi

Dai «Discorsi» di san Gregorio Nazianzeno, vescovo.
(Disc. 43, 15. 16-17. 19-21; PG 36, 514-523)

Eravamo ad Atene, partiti dalla stessa patria, divisi, come il corso di un fiume, in diverse regioni per brama d’imparare, e di nuovo insieme, come per on accordo, ma in realtà per disposizione divina.

Allora non solo io mi sentivo preso da venerazione verso il mio grande Basilio per la serietà dei suoi costumi e per la maturità e saggezza dei suoi discorsi inducevo a fare altrettanto anche altri che ancora non lo conoscevano.

Molti però già lo stimavano grandemente, avendolo ben conosciuto e ascoltato in precedenza. Che cosa ne seguiva? Che quasi lui solo, fra tutti coloro che per studio arrivavano ad Atene, era considerato fuori dell’ordine comune, avendo raggiunto una stima che lo metteva ben al di sopra dei semplici discepoli. Questo l’inizio della nostra amicizia; di qui l’incentivo al nostro stretto rapporto; così ci sentimmo presi da mutuo affetto.

Quando, con il passare del tempo, ci manifestammo vicendevolmente le nostre intenzioni e capimmo che l’amore della sapienza era ciò che ambedue cercavamo, allora diventammo tutti e due l’uno per l’altro: compagni, commensali, fratelli. Aspiravamo a un medesimo bene e coltivavamo ogni giorno più fervidamente e intimamente il nostro comune ideale.

Ci guidava la stessa ansia di sapere, cosa fra tutte eccitatrice d’invidia; eppure fra noi nessuna invidia, si apprezzava invece l’emulazione. Questa era la nostra gara: non chi fosse il primo, ma chi permettesse all’altro di esserlo.

Sembrava che avessimo un’unica anima in due corpi. Se non si deve assolutamente prestar fede a coloro che affermano che tutto è in tutti, a noi si deve credere senza esitazione, perché realmente l’uno era nell’altro e con l’altro.

L’occupazione e la brama unica per ambedue era la virtù, e vivere tesi alle future speranze e comportarci come se fossimo esuli da questo mondo, prima ancora d’essere usciti dalla presente vita. Tale era il nostro sogno. Ecco perché indirizzavamo la nostra vita e la nostra condotta sulla via dei comandamenti divini e ci animavamo a vicenda all’amore della virtù. E non ci si addebiti a presunzione se dico che eravamo l’uno all’altro norma e regola per distinguere il bene dal male. E mentre altri ricevono i loro titoli dai genitori, o se li procurano essi stessi dalle attività e imprese della loro vita, per noi invece era grande realtà e grande onore essere e chiamarci cristiani.